Gran parte della nostra giornata la passiamo al lavoro.
Così molti di noi stanno a contatto di più con i colleghi d’ufficio che con i propri familiari.
Non è un caso, allora, che si stringano rapporti di amicizia con i colleghi e si inizi a frequentarli anche in orario extralavorativo.
Alcune volte sul posto di lavoro nascono delle vere e proprie storie d’amore.
Altre volte il sentimento non viene corrisposto nonostante uno si sia dato tanto da fare per attirare l’attenzione della collega o del collega.
In questi casi, però, la domanda è sempre la stessa: si può corteggiare una collega e fino a che punto?
E, ancora, quando il corteggiamento diventa stalking?
Cerchiamo di dare una risposta.
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Cos’è lo stalking?
Il reato di stalking (o atti persecutori) punisce il comportamento di chi, con azioni ripetute, minaccia o molesta qualcuno, costringendolo a vivere in uno stato d’ansia o di paura.
In altre parole, la vittima è infastidita e spaventata dalle attenzioni che le vengono rivolte dal malfattore sino al punto di modificare le proprie abitudini, cambiare numero di telefono, chiudere i suoi profili social e così via.
Normalmente il reato di cui stiamo parlando c’è quando le condotte persecutorie sono ripetute nel tempo ed è questo uno degli elementi che, di solito, facevano pensare allo stalking.
Da un po’ di tempo a questa parte le cose non stanno più così.
Infatti, anche solo un paio di episodi di molestie o di attenzioni sgradite può far scattare il reato di stalking, facendo correre un serio rischio al responsabile [1].
Questo, però, solo se la condotta persecutoria, anche se non continuativa, abbia comunque provocato un forte turbamento nella vittima.
Non dimentichiamo, infine, che lo stalker è punito a querela della persona offesa con una pena molto severa che va da 1 anno fino a 6 anni e mezzo di carcere [2].
Corteggiare una collega è stalking oppure no?
Prese una per una, le condotte dello stalker possono anche non essere illecite.
Considerate nel loro complesso, invece, lo possono diventare, dando vita al reato di stalking.
Così, quando ci infatuiamo di un’altra persona, magari di una collega o di un collega di lavoro, con i quali siamo a contatto per molte ore al giorno, il nostro sentimento ben può trasformarsi in una vera ossessione.
In questi casi può diventare naturale esternare quello che proviamo anche con insistenza.
E questa insistenza può risultare fastidiosa per i nostri colleghi, soprattutto se costoro non ricambiano il nostro sentimento.
Cerchiamo di capire meglio.
Telefonare alla collega per invitarla a pranzo, per un caffè, mandarle dei messaggi facendo apprezzamenti sulla sua pettinatura, sull’abito o sulle scarpe, regalarle dei fiori o farle trovare il caffè sulla scrivania, sono tutti gesti leciti che dimostrano apprezzamento e attenzione.
Sono anche atti tipici del corteggiamento.
Va subito detto, però, che corteggiare una collega o un collega o, in genere, una donna o un uomo, non è reato e ci mancherebbe!
Solo quando queste condotte vengono ripetute con eccessiva frequenza, possono diventare inopportune ed essere avvertite dalla vittima non come espressione di un sentimento, ma come una indesiderata intrusione nella sua vita.
Anche un corteggiamento ossessivo e petulante, quindi, può trasformarsi in una persecuzione e farci finire in tribunale per rispondere del reato di stalking.
Corteggiare una collega: cosa dice la cassazione?
Anche la Corte di cassazione la pensa allo stesso modo.
In una recente sentenza ha ritenuto che un corteggiamento insistente possa realizzare il reato di stalking, facendo finire in carcere il responsabile [3].
Il caso esaminato dai giudici riguardava un impiegato che infastidiva una collega di lavoro, con continui messaggi e regali indesiderati.
La condotta del lavoratore, secondo la cassazione, andava considerata illegittima poiché era rivolta ad instaurare un rapporto sentimentale o, quanto meno, confidenziale con la vittima anche se quest’ultima era contraria.
Il comportamento risultava, quindi, sgradito alla collega la quale era infastidita dall’atteggiamento dell’ammiratore e dalle continue interferenze nella sua vita privata.
Allora, le attenzioni nei confronti di una collega o di un collega che dimostrano apertamente di non gradirle, possono trasformarsi in vere e proprie molestie.
E ciò indipendentemente dal fatto che il comportamento sia tenuto al fine di instaurare una relazione sentimentale e non per far loro del male.
Ricordiamo, infine, che anche in assenza di testimoni, le dichiarazioni della vittima, che risulti credibile, possono essere sufficienti non solo a sostenere l’accusa per il reato di stalking, ma anche per ottenere una sentenza di condanna.
Insomma, in questi casi non basta dire la mia parola vale come la tua.
Corteggiare una collega o molestarla non è la stessa cosa.
Spesso i termini stalking e molestia [4] vengono usati indifferentemente.
Ma non sono la stessa cosa.
Lo stalking è un reato più grave e si differenzia dalla molestia per diversi aspetti.
Innanzitutto, il molestatore è colui che disturba la vittima con continui messaggi, telefonate o pedinamenti, senza però turbarla e senza costringerla a cambiare le proprie abitudini.
Insomma, le molestie non devono provocare alcuna conseguenza nella vittima, salvo il fastidio causato dall’insistenza del molestatore.
La molestia, inoltre, può essere realizzata anche con una sola condotta, purché compiuta, dice la legge, per petulanza o per un altro motivo biasimevole.
La condotta dello stalker, invece, deve essere ripetuta e, soprattutto, provocare nella vittima delle conseguenze ben più gravi del semplice disturbo causato dal molestatore.
Per questi motivi mentre per le molestie è prevista la pena dell’arresto fino a 6 mesi oppure la multa (che in questo caso si chiama ammenda) fino a 516 euro, ben diverso è il rischio che corriamo se incappiamo in un procedimento penale per stalking (possiamo finire in carcere da 1 a 6 anni e mezzo).
Corteggiare una collega e i codici aziendali di comportamento.
Accade spesso che un’azienda, soprattutto di grandi dimensioni, adotti un codice di comportamento al quale i dipendenti devono adeguarsi.
Si tratta di una serie di regole che servono a disciplinare non solo lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma anche i rapporti tra i colleghi, quelli con i superiori, con i clienti e così via.
Il codice aziendale di comportamento, o codice etico, viene normalmente sottoscritto o, comunque, accettato dal lavoratore al momento della sua assunzione.
La violazione degli obblighi stabiliti da questo codice, soprattutto quelli relativi ai rapporti con i colleghi e le colleghe, può comportare il licenziamento in tronco del dipendente.
Insomma, un corteggiamento molesto di una collega, certamente vietato dal codice di comportamento, potrebbe farci perdere il posto di lavoro.
- Cass. pen. n.6417 del 21 gennaio 2010.
- Art.612 bis codice penale.
- Cass. pen. n.38448 del 20 settembre 2023.
- Art.660 codice penale.