Norme e Diritto

Offendere una persona è reato?

È sempre più difficile intrattenere rapporti civili con amici e conoscenti, figuriamoci con persone che incontriamo per caso, magari al lavoro o al supermercato.

Basta un nulla e scatta la lite.

Allora non è raro sentirci dire: mi hai offeso, ti denuncio.

In questi casi, di solito, reagiamo invitando la persona alterata a fare ciò che vuole, quasi non fosse una cosa che ci riguarda.

Ma, poi, a mente fredda, mentre ripensiamo all’accaduto, capita di chiederci se offendere una persona è reato e, soprattutto, se le parole pronunciate erano davvero offensive.

Offendere una persona è reato: quali parole sono offensive?

Non è così semplice come sembra.

Una parola, un’espressione o un giudizio, infatti, possono risultare offensivi a seconda di come vengono utilizzati.

Se diamo del ladro a qualcuno, senz’altro lo offendiamo.

Invece, possiamo tranquillamente parlare degli asini senza con questo offendere nessuno.

Ma nel momento in cui diamo dell’asino a un nostro conoscente, magari facendo riferimento a un errore che ha appena commesso, ecco che lo abbiamo offeso.

Allo stesso modo possiamo parlare di cani e di quanto li amiamo.

Ma se chiamiamo cane un nostro avversario, quest’ultimo si sentirà sicuramente offeso.

Quindi le parole, indipendentemente dal loro significato, possono risultare offensive a seconda della situazione in cui vengono pronunciate, del tono e del rapporto che ci lega alla persona alla quale ci stiamo rivolgendo.

Aggiungiamo, poi, che oltre al significato proprio di una parola o al senso che normalmente le diamo, perché si possa parlare di offesa è necessario anche che la vittima provi imbarazzo, venga assalita dal desiderio di vendetta, colta da rabbia o, ancora, si senta umiliata.

Quando offendere una persona è reato?

Iniziamo subito col dire che la legge non sempre punisce l’offesa.

Perché le offese siano punite (con il carcere fino a 1 anno e con la multa fino a 1.032 euro) è necessario, innanzitutto, che vengano pronunciate di fronte a 2 o più persone (diffamazione) [1].

Occorre, inoltre, che il soggetto a cui sono rivolte non le possa sentire, perché assente o lontano.

La pena aumenta (fino a 2 anni di carcere e a 2.065 euro di multa) se nel momento in cui offendiamo qualcuno facciamo riferimento ad un fatto specifico.

Pensiamo al caso in cui alcuni amici affermano che la moglie di un comune conoscente ha una relazione extraconiugale.

Magari, nel riferire il fatto si spingono a fare commenti volgari sulla donna.

In questo caso rischiano di essere querelati dall’interessata e, se condannati, di finire in carcere (fino a un anno).

Se, però, fanno anche il nome della persona con cui la donna ha una relazione e aggiungono altri particolari (magari sul luogo dove si incontrano), allora rischiano una condanna più pesante (fino a 2 anni di carcere), poiché hanno descritto il fatto in modo più specifico.

Infine, la pena è ancora più severa (da 6 mesi a 3 anni di carcere e non meno di 516 euro di multa) se offendiamo qualcuno su un giornale oppure in un luogo pubblico (magari durante una festa di paese o un comizio).

Offendere una persona è reato: l’ingiuria.

Contrariamente a quello che molti pensano, ingiuriare una persona non è reato, o, meglio, non lo è più dal 2016 [2].

Fino a quel momento, la legge puniva con il carcere fino a 6 mesi tutti coloro che offendevano l’onore di una persona presente con parole o con gesti.

Allora, potevamo finire in galera non solo per aver rivolto a qualcuno una frase offensiva, ma anche per avergli fatto un gestaccio o per avergli sputato addosso.

La decisione di non punire più con il carcere questi comportamenti trova origine nel fatto che la persona destinataria dell’offesa sente con le sue orecchie le parole offensive o assiste al brutto gesto, potendo così replicare e decidere di difendersi dall’attacco.

Non dobbiamo, però, pensare che chi offende una persona non subisca alcuna conseguenza.

Infatti, anche se l’ingiuria non è più un reato resta comunque un illecito civile.

Di conseguenza la vittima potrà avviare una causa civile per il risarcimento del danno.

In caso di condanna, il responsabile, oltre a dover pagare una somma di denaro stabilita dal giudice in favore della persona offesa, dovrà anche versare allo Stato una multa da 100 a 8.000 euro (c.d. sanzione pecuniaria civile).

Quando l’offesa ha per oggetto un fatto specifico, oppure sono presenti più persone, la multa aumenta e va da un minimo di 200 a un massimo di 12.000 euro.

Offendere una persona sul web è reato?

Succede spesso di ricorrere al web per far sentire la nostra voce e diffondere le nostre idee.

A volte, però, ci dimentichiamo che anche su internet non tutto è consentito e che, se offendiamo una persona, possiamo essere chiamati a risponderne.

Tra l’altro anche se utilizziamo falsi profili rischiamo di essere scoperti.

Spesso, infatti, gli haters, sebbene nascosti dietro nomi inventati, vengono scovati dalla polizia postale e portati in tribunale.

Come nella vita reale, anche sul web non sempre offendere una persona è reato.

Il consiglio, comunque, è sempre lo stesso: meglio stare attenti a quello che scriviamo o che diciamo nei video che pubblichiamo.

Gli insulti, infatti, possono essere letti o sentiti da un numero indeterminato di persone.

Così rischiamo di dover rispondere del reato di diffamazione aggravata [3].

La Corte di cassazione in una recente decisione ha, però, chiarito che non commette il reato di diffamazione e, dunque, non può essere punito chi pubblica commenti offensivi in una chat alla quale partecipa la persona offesa [4].

Ciò perché se la vittima è online e può conoscere i messaggi immediatamente è come se fosse presente, anche solo virtualmente.

In questi casi, allora, si deve parlare di ingiuria e non di diffamazione e, quindi, il responsabile non commette più un reato (diffamazione), ma solo un illecito civile (ingiuria).

Offendere una persona è reato: alcuni casi concreti.

Negli anni i giudici si sono occupati di svariate situazioni e, in alcuni casi, hanno preso decisioni che possono sembrare stravaganti, ma che ci aiutano a comprendere come sono cambiati i tempi.

Secondo la cassazione, infatti, ci sono alcune espressioni che sono ormai entrate nel linguaggio comune e, così, hanno perso la loro natura offensiva.

Facciamo qualche esempio.

Al posto di non mi interessa, molti usano dire me ne fotto, oppure al posto di c’è un gran disordine si usa è un casino o, ancora, in luogo di lasciami stare, a volte, diciamo addirittura vaffanculo.

Così, in un caso, è stato assolto chi aveva dato del coglione ad un’altra persona, perché il termine era stato usato al posto di ingenuo o deficiente [5].

In un altro caso, l’espressione vaffanculo, poiché rientra fra i modi di dire ormai d’uso comune, non è stata considerata offensiva [6].

Per lo stesso motivo, è stato assolto chi ha detto mi hai rotto i coglioni, per invitare qualcuno a smettere di infastidirlo [7].

Anche dare ad una persona del rompipalle non è stato considerato offensivo [8].

Infine, non è stato punito chi ha detto mia suocera è una vipera, per descrivere la condotta di quest’ultima, senza tuttavia volerla offendere [9].

  1. Art.595 codice penale.
  2. Decreto legislativo n.7 del 15 gennaio 2016.
  3. Cass. pen. n.13979 del 25 gennaio 2021.
  4. Cass. pen. n.44662 del 2 dicembre 2021.
  5. Cass. pen. n.34442 del 13 luglio 2017.
  6. Cass. pen. n.27966 del 13 luglio 2007.
  7. Cass. pen. n.19223 del 3 maggio 2013.
  8. Cass. pen. n.22887 del 27 maggio 2013.
  9. Cass. pen. n.5227 del 3 febbraio 2014.