Prima o poi è una scelta che molti di noi sono chiamati a fare.
Dopo tanti anni di fidanzamento arriva il momento in cui dobbiamo decidere se sposarci oppure andare a convivere col nostro partner.
Certo sposarci può costarci una fortuna.
Pensiamo alla spesa per il ricevimento, il vestito e le bomboniere.
E poi, se va tutto male, ci tocca anche affrontare i costi della separazione.
Se, invece di sposarci, decidiamo di andare a convivere non dovremo fare fronte a tutte queste spese, né, un domani, impegolarci in una lunga causa di separazione o divorzio.
Inoltre, la convivenza ci lascia una maggiore libertà, poiché sono meno impegnativi gli obblighi che ne derivano.
Non dimentichiamo, però, che il matrimonio presenta degli innegabili vantaggi, anche economici, che la convivenza non ci può dare.
Allora, alla domanda conviene sposarsi o è meglio convivere non è facile rispondere.
Prima di farlo, però, può essere utile leggere questo articolo per capire quali sono i pro e i contro del matrimonio rispetto alla convivenza.
Indice dei contenuti
Il matrimonio, l’unione tra persone dello stesso sesso e la convivenza.
Prima di affrontare l’argomento dobbiamo avere ben chiara la differenza tra matrimonio, convivenza di fatto e unione civile.
Iniziamo col dire che il matrimonio è un legame tra un uomo e una donna regolato dalla legge.
Il codice civile ci dice come deve essere celebrato e quali sono gli obblighi che nascono dal matrimonio.
Sono tutti obblighi che i coniugi non possono modificare, né violare salvo subire delle conseguenze, a volte anche gravi.
Pensiamo ad un coniuge che tradisce l’altro, così violando l’obbligo di fedeltà.
A qualcuno potrà sembrare una cosa di poco conto, ma non sempre è così.
Se a causa del tradimento salta il matrimonio, al responsabile può essere addebitata la separazione.
Così, chi tradisce può essere condannato a pagare le spese processuali, può perdere il diritto al mantenimento e quello di ereditare dall’altro coniuge, con gravi danni economici, soprattutto se il defunto era persona molto facoltosa.
Gli altri obblighi che nascono dal matrimonio sono quelli della coabitazione e dell’assistenza morale e materiale.
I coniugi hanno, infatti, l’obbligo di collaborare, di sostenersi l’uno con l’altro e di aiutarsi anche economicamente.
L’inosservanza di questi obblighi può comportare le stesse conseguenze della violazione dell’obbligo di fedeltà.
L’unione civile, invece, può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso.
Anche dall’unione civile nasce l’obbligo della convivenza e dell’assistenza reciproca [1].
Ciò vuol anche dire che le parti di un’unione civile devono contribuire, ognuna in proporzione ai propri redditi, ai bisogni della famiglia.
A qualcuno potrà sembrare strano, ma tra gli obblighi che nascono dall’unione civile non c’è quello della fedeltà, né quello della collaborazione.
Una coppia omosessuale, infine, non può adottare un bambino.
Per unirsi civilmente, le parti devono fare una dichiarazione davanti all’ufficiale dello stato civile del comune in cui risiedono alla presenza di 2 testimoni.
La convivenza di fatto è cosa ancora diversa dall’unione civile.
Innanzitutto, possono convivere di fatto sia persone dello stesso sesso, sia persone di sesso diverso, legate tra loro da uno stabile rapporto affettivo.
Per costituire un’unione di fatto basta fare un’autocertificazione e consegnarla al comune di residenza.
I conviventi di fatto hanno meno diritti rispetto a una coppia unita civilmente.
Ricordiamo il diritto di andare a trovare il proprio compagno in carcere oppure in ospedale e di prendere delle decisioni sulla sua salute se quest’ultimo non è in grado di farlo da solo.
Il convivente ha anche il diritto di subentrare nel contratto di affitto della casa familiare se il partner muore o, quando cessa la convivenza, il diritto di ricevere gli alimenti se si trova in stato di bisogno.
Non dimentichiamo, infine, che il convivente di fatto non può mai ereditare dal compagno scomparso, a mano che non ci sia un testamento.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: i vantaggi del matrimonio.
Iniziamo col dire che gli sposi hanno più tutele rispetto ai conviventi di fatto.
Questo è uno dei motivi che, ancora oggi, spinge molti giovani a sposarsi.
Anche se le cose negli ultimi anni sono un po’ cambiate, ai conviventi di fatto sono stati riconosciuti solo alcuni dei diritti di cui godono le coppie unite in matrimonio.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: il diritto al mantenimento.
Se la convivenza si interrompe, la parte economicamente più debole non ha il diritto di essere mantenuta dall’altra.
Insomma, anche se il compagno non ha uno stipendio sufficiente per vivere, l’altro non è tenuto a versargli alcunché.
Solo se si trova in stato di bisogno può richiedere al partner gli alimenti.
Si trova in stato di bisogno chi non dispone di alcun reddito e non è in grado di procurarselo, perché inabile al lavoro (per invalidità o per altri motivi) [2].
Gli alimenti, però, non sono la stessa cosa del mantenimento.
L’assegno di mantenimento spetta solo coniuge separato e serve per consentirgli di conservare lo stesso tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio.
L’assegno alimentare, invece, serve per assicurare al compagno bisognoso lo stretto necessario per vivere, insomma per garantirgli vitto e alloggio, nulla di più.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: l’eredità.
Se un convivente di fatto muore, l’altro non ha alcun diritto di ricevere una parte della sua eredità.
Per intenderci, anche se abbiamo convissuto per 30 anni col nostro compagno, alla sua morte non ci spetta nulla.
Solo se quest’ultimo ha fatto testamento, può lasciarci la c.d. disponibile e cioè quella parte dell’eredità che per legge non è riservata ai parenti più stretti e di cui il defunto può fare quello che vuole.
Se, invece, muore uno degli sposi, all’altro spetta sempre una quota dell’eredità stabilita dalla legge, anche se il coniuge scomparso non ha fatto testamento.
Non è cosa di poco conto soprattutto se il defunto è persona molto facoltosa.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: il diritto di abitazione.
Forse non tutti sanno che se muore uno degli sposi, l’altro ha diritto ad abitare per sempre nella casa dove viveva la famiglia, anche se è di proprietà del coniuge scomparso o di un suo parente.
Questo diritto spetta anche al convivente di fatto, ma solo per 2 anni o, se la convivenza durava da più di 2 anni, per la durata della convivenza.
In ogni caso il diritto di abitazione riconosciuto in favore del convivente di fatto non può durare più di 5 anni.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: il tfr e la pensione di reversibilità.
Al coniuge divorziato spetta una quota del trattamento di fine rapporto maturato dall’altro coniuge, quota più o meno consistente a seconda della durata del matrimonio.
Inoltre, se uno degli sposi muore, all’altro spetta la pensione di reversibilità, ma solo se è titolare di un assegno di mantenimento (c.d. assegno divorzile) e se non si è risposato.
Ebbene, al convivente di fatto non spetta nulla di tutto ciò, né la quota del trattamento di fine rapporto, né la pensione di reversibilità.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: la comunione dei beni.
Alle coppie sposate si applica automaticamente il regime della comunione dei beni.
Ciò vuol dire che tutti gli acquisti fatti durante il matrimonio diventano di proprietà di entrambi i coniugi.
Gli sposi, però, possono decidere per la separazione dei beni al momento delle nozze oppure con una dichiarazione successiva.
Nessun automatismo è, invece, previsto per i conviventi di fatto.
I beni comprati durante la convivenza, quindi, rimangono di proprietà di chi ha fatto l’acquisto.
La coppia di fatto, però, può regolare in modo diverso i suoi rapporti economici, prevedendo anche il regime della comunione dei beni, ma solo firmando un c.d. contratto di convivenza.
Conviene sposarsi o è meglio convivere: i vantaggi della convivenza.
Così stando le cose, alla domanda se conviene sposarsi o è meglio convivere è facile rispondere: conviene sposarsi.
Non dimentichiamoci, però, delle spese che dobbiamo affrontare per la cerimonia nuziale (anche se ci si può sposare senza spendere una fortuna).
Non dimentichiamo, inoltre, i costi che dobbiamo sostenere se le cose vanno male.
Si può arrivare a spendere fino a 10.000 per una separazione giudiziale, se non riusciamo a metterci d’accordo con l’altro coniuge.
Nulla di tutto ciò se andiamo a convivere con il nostro partner.
Se il rapporto non funziona possiamo interromperlo semplicemente cambiando la nostra residenza, così annullando la dichiarazione che abbiamo fatto in comune nel momento in cui siamo andati a convivere.
Senza contare ovviamente la maggiore libertà che ci lascia la convivenza essendo meno impegnativi gli obblighi che assumiamo nei confronti del nostro compagno.
Allora a voi la scelta.
- Legge n.76 del 20 maggio 2016.
- Cass. civ. n.33789 del 16 novembre 2022.