A qualche collega di lavoro proprio non andiamo a genio.
E così continua a sparlare di noi, a dire che ce ne freghiamo dell’azienda e che non facciamo bene il nostro lavoro.
Insomma, ci accusa delle peggiori cose.
È chiaro che questo continuo vociferare, se dovesse giungere all’orecchio del datore di lavoro, potrebbe crearci dei problemi anche seri.
Il nostro capo, infatti, potrebbe considerare vere le accuse del collega e, così, punirci (con una multa o una sospensione dal lavoro).
Nei casi più gravi potrebbe addirittura licenziarci in tronco.
Certo non staremo con le mani in mano senza reagire, ma ci difenderemo con le unghie e con i denti, utilizzando tutti gli strumenti che la legge ci mette a disposizione.
In questo articolo cercheremo di spiegare come difendersi da accuse false sul lavoro, sperando che nessuno di noi si trovi costretto a farlo.
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Come difendersi da accuse false sul lavoro davanti al capufficio.
La prima cosa che ci chiediamo è se basta la parola di un collega per metterci nei guai.
Insomma, il nostro capo non deve procurarsi altre prove per accusarci?
La risposta è sì e no.
Sì, perché il datore di lavoro dovrebbe cercare altre prove, senza accontentarsi della testimonianza del lavoratore che ci ha denunciati.
No, perché se il nostro capo non trovasse nulla, potrebbe comunque prendere una decisione solo sulla base delle parole del nostro collega.
Non dimentichiamo, però, che prima di fare qualsiasi passo, il datore di lavoro deve contestarci per iscritto la violazione [1].
Questo serve per consentirci di difenderci dalle accuse che ci sono state mosse.
Possiamo difenderci da soli, scrivendo una mail o una PEC di risposta al datore di lavoro.
Possiamo anche farci aiutare da un sindacato o da un avvocato, che forse è meglio.
In ogni caso, dobbiamo farlo entro 5 giorni da quando abbiamo ricevuto la lettera di contestazione disciplinare.
Entro questo termine (5 giorni), dobbiamo fare avere al datore di lavoro le nostre giustificazioni scritte.
Nello stesso termine possiamo anche inviare una mail, una PEC o, al limite, una raccomandata, con cui chiediamo al datore di essere sentiti a nostra difesa personalmente oppure con l’aiuto di un sindacato.
In quest’ultimo caso non possiamo rivolgerci a un avvocato.
Insomma, se siamo stati accusati falsamente sul lavoro, questa è la prima occasione che abbiamo per difenderci.
Non sempre, però, le nostre giustificazioni vengono accolte.
Così, rischiamo di prenderci una bella multa, di essere sospesi dal lavoro o, addirittura, di essere licenziati.
Come difendersi da accuse false sul lavoro davanti al giudice?
Se non abbiamo risolto il problema nel corso del procedimento disciplinare, possiamo sempre rivolgerci al giudice, chiedendogli di annullare la sanzione (multa, sospensione o licenziamento che sia).
In questo caso, la legge ci dà un bel vantaggio.
Infatti, è il datore di lavoro che deve provare i fatti contestati.
Non è sempre facile, soprattutto se può contare solo sulle dichiarazioni dell’unico dipendente che era presente ai fatti.
Non dimentichiamo, però, che se l’unico testimone è tanto bravo da convincere il giudice, possiamo perdere la causa, solo sulla base delle sue dichiarazioni.
È chiaro che se le accuse non sono vere, il nostro collega dovrebbe testimoniare il falso in tribunale, rischiando fino a 6 anni di carcere [2].
Sarà capace di farlo?
Come difendersi da accuse false sul lavoro?
Abbiamo già detto che tocca al datore di lavoro provare che i fatti contestati sono veri.
Allora alla domanda come difendersi da accuse false sul lavoro possiamo fare spallucce.
In questo modo, però, rischiamo solo di favorire il datore di lavoro.
Forse è meglio che cerchiamo anche noi di procurarci delle prove e tutto ciò che può servire per dimostrare che le accuse del nostro capo sono false.
Così possiamo chiedere ai colleghi di lavoro, che hanno assistito ai fatti, se sono disponibili a testimoniare per noi.
Non è facile che ci dicano di sì, un po’ per pigrizia, il più delle volte perché hanno paura di mettersi contro il datore di lavoro.
Se non riusciamo proprio a trovare nessuno disponibile a darci una mano, né un documento, una mail, un sms, anche solo uno screenshot, allora iniziamo a preoccuparci.
Se poi non siamo riusciti neppure a fare una registrazione che possa esserci utile, siamo proprio messi male e dobbiamo solo sperare che il testimone dell’azienda non abbia il coraggio di dire il falso davanti al giudice.
Non dimentichiamo che registrare una conversazione non è vietato [3].
Possiamo, quindi, registrarne quante ne vogliamo (sia conversazioni con il nostro capo, sia con un nostro collega, magari proprio quello che si è rifiutato di testimoniare per noi).
Potrebbero risultare molto utili per difenderci da accuse false sul lavoro.
Pensiamo al caso in cui il collega, non sapendo di essere registrato, affermi che quello di cui ci accusa il datore di lavoro non è vero.
Pensiamo al caso in cui questa affermazione la faccia lo stesso datore di lavoro e noi riusciamo a registrarlo.
Se siamo così fortunati, possiamo anche immaginare come andrà a finire la causa.
È chiaro che se le cose vanno bene e la sanzione disciplinare viene annullata, possiamo farci risarcire i danni da chi ci ha accusato falsamente.
Come difendersi da accuse false sul lavoro: diffamazione o calunnia?
Chi sparla di qualcuno in presenza di più persone (almeno 2) commette il reato di diffamazione [4].
La vittima, però, deve essere assente.
Il reato può essere commesso ovunque, anche sul posto di lavoro.
Così il dipendente che parla male di un suo collega con un altro collega o col datore di lavoro può essere querelato per diffamazione.
Attenzione, perché il reato c’è solo se le offese vengono pronunciate di fronte a più persone.
C’è anche se si sparla di qualcuno, in momenti diversi, cioè prima con un collega, poi con un altro e poi, magari, col capufficio.
Non dimentichiamo, inoltre, che la diffamazione è un reato che viene punito solo a querela della persona offesa.
Quindi, se non vogliamo che il nostro collega, dopo averci diffamato, la passi liscia, entro 3 mesi dal fatto dobbiamo querelarlo, andando dai carabinieri o direttamente in procura.
Anche questo può essere un modo per difendersi da accuse false sul lavoro.
Non dimentichiamo, infine, che la calunnia è cosa ben diversa dalla diffamazione.
Commettiamo il reato di calunnia quando accusiamo qualcuno di un reato, pur sapendo che è innocente [5].
Non basta accusare qualcuno, ma è necessario fare una vera e propria denuncia oppure una querela davanti all’autorità.
È indifferente presentarla presso una caserma dei carabinieri o della polizia oppure direttamente in procura.
Quindi non commette il reato di calunnia, ad esempio, chi accusa falsamente un suo collega di aver rubato in azienda davanti al datore di lavoro, che non rappresenta alcuna autorità.
Se lo fa, rischia solo una denuncia per diffamazione.
Diverse sono anche le pene.
Se diffamiamo qualcuno, rischiamo fino a un anno di carcere e a 1.032 euro di multa o, nei casi più gravi (quando accusiamo qualcuno di aver commesso un fatto preciso) fino a 2 anni di carcere e una multa di 2.065 euro.
Se, invece, calunniamo qualcuno possiamo finire in galera da 2 a 6 anni.
- Art.7 legge n.300 del 20 maggio 1970.
- Art.372 codice penale.
- Cass. civ. n.31204 del 2 novembre 2021.
- Art.595 codice penale.
- Art.368 codice penale.